Meditate gente, meditate !!

Editoriale del Trieste Photo News di Marzo / Aprile 2014

Tra i vari social network, Facebook è sicuramente il più importante contenitore di immagini ma esistono altri social network quali Flickr o Instagram.

Abbiamo già visto in un precedente articolo che in Facebook pullulano gli autoscatti, i così detti Selfies. Tutti questi social network contengono solo selfie?
Continua a sussistere abbastanza frequentemente la tendenza a documentare in maniera maniacale elementi della nostra quotidianità o di banali ricordi di viaggio ma sicuramente c’è qualcosa in più, la possibilità di applicare subito dopo lo scatto dei filtri che alterano i valori di luminosità, contrasto, dominanti, ringiovanire o invecchiare volti, dare drammaticità alle situazioni, e così sono sorti anche Pinterest, Retrica, Fast Camera, Repix, Vintique, Diptic, Face-tune ecc.

Instagram è un capostipite in questo senso ed è un’applicazione mobile gratuita (nata nel 2010 e che conta già 110 milioni di adepti nel mondo) e un social network fotografico che, come ci ha spiegato recentemente in più occasioni su Foto.it Attilio Lauria, in una serie di articoli che vi invito caldamente a leggere, (Foto.it 7/8/9/10 2013) permette di scattare fotografie e di condividerle istantaneamente anche su altri social media previa applicazione di maschere e filtri nel tentativo di rendere le foto più accattivanti o per esaltarne la artisticità.

Certamente ne consegue una forte omologazione estetica che trova un corrispondente, fortemente confutato dagli interessati, ma per me pertinente, con gli utenti delle Lomo, le Toy camera, macchine fotografiche assimilate a giocattoli con lenti di scarsissima qualità e corpo macchina a scarsa tenuta di luce, che vengono utilizzate di preferenza in maniera istintiva, senza curarsi molto del come. Statisticamente in Instagram prevalgono le applicazioni di filtri vintage quasi a voler rendere il presente già una forma di un passato documentato ed in quanto tale conferendo l’autorevolezza della presunta autenticità che caratterizzava le opere del passato.

Questa esigenza di modificare le immagini grazie all’applicazione di filtri mi sembra comunque rappresentare una scappatoia per disattendere l’uso degli strumenti classici, del curare la composizione, il tempo di esposizione, la profondità di campo ecc. In qualche maniera rispecchia il nostro vivere quotidiano alla ricerca della scappatoia per accorciare i tempi, far stare più cose possibile nel nostro quotidiano. C’è un altro elemento distintivo in Instagram, ed è il formato. L’ho notato subito, perché è un formato che ha sempre esercitato su di me una grande forza attrattiva, forse anche per l’analogia con il formato della regina delle macchine fotografiche analogiche, le macchine Hasselblad! Il formato quadrato!

È un formato che evoca equilibrio, induce maggiore attenzione nella esplorazione dei contenuti, non guida nella sola lettura alto-basso-sinistra-destra ma lascia scorrere gli occhi in maniera meno scontata nel riquadro, in altre parole rende l’osservatore più attento e critico, quasi a compensare le “scappatoie” di cui sopra. E non mi pare cosa di poco conto quando siamo in presenza di una marea di immagini che stentato a far breccia nella nostra memoria non perché non ce ne siano anche di belle ma semplicemente perché ne vediamo moltissime.

Ma questo è bastato a giustificare l’interesse di Mark Zuckerberg, Ceo di Facebook, a spendere un miliardo di dollari per comperare Instagram che non fattura un centesimo? Il diavolo è sempre nei dettagli e cioè nel fatto che l’osservatore possa esprimere un apprezzamento “Like”, e diventare “Follower”, un ”Seguace”, come dire un estimatore e quindi implicitamente il desiderio di poter condividere altre foto dello stesso autore. Ciò ha determinato un grande interesse di molti brand che hanno colto presto l’occasione per utilizzarli come efficaci strumenti di marketing visivo rappresentando le passioni e il life-style che ruota attorno alla personalità del brand e degli utenti/clienti. Tra le case automobilistiche, ad esempio, la tedesca Audi con quasi 500 mila Follower sfrutta Instagram per mostrare la bellezza e la potenza delle proprie top-cars.

Mercedes ha affidato a cinque fotografi particolarmente seguiti (almeno 500.000 Follower ciascuno) per una settimana una lussuosa CLA, chiedendo di farne un reportage fotografico nella convinzione che le immagini che ne derivano sarebbero percepite come più “vere” dai “Seguaci” ma soprattutto avrebbero raggiunto un nuovo potenziale segmento di clientela. Ecco quindi anche molti contenuti di fashion brand. Innanzitutto perché a livello generale le donne sui social network sono più presenti e attive rispetto agli uomini. E poi, in particolare su Instagram, il target femminile adora fotografarsi per mostrarsi. In generale diciamo che disporre di un alto grado di gradimento espresso da un elevato numero di Follower dà la possibilità di beneficiare di vari beni, da accessi gratuiti a spettacoli, capi d’abbigliamento, partecipazioni a spot, tutto sempre giustificato dalla convinzione che tali personaggi possano esercitare una influenza sul comportamento commerciale delle persone che ne apprezzano le opere. Nel web si parla ad esempio del “1888 Hotel” in Pyrmont, Sydney, Australia che offre alloggio gratis a quelli che dispongono di un nutrito numero di Follower.
Ciò ha determinato che il disporre di crediti in tal senso assuma rilevanza economica.

Su una pagina di Worbes.com del 17 agosto 2013 si riporta che un “like” vale più di cinque codici di una carta di credito clonata sostenendo che il prezzo al mercato nero di tali beni sono di us$ 30 per blocchi di 1.000 like mentre è di “solo” us$ 6 quelle di 1.000 numeri di carte di credito clonate con il software Zeus, che sembra essere il più diffuso tra gli hacker. Ben si sa che quello che viene caricato in rete vi rimane in eterno! Ed è proprio la permanenza degli scatti nelle memorie del cloud la molla che ha indotto a sviluppare Snapchat, il social media dove sembra che gli allegati si autodistruggano dopo esser stati visionati dal destinatario. Molto più audaci sembra esser diventati i messaggi e soprattutto le foto allegate! Ma, come detto, una volta in rete, li rimane e tutto è sempre rintracciabile e lo dimostra il software dello sviluppatore, Darren Jones, che ha appena lanciato per iOS 7 SnapHack Pro (0,99 Euro), che permette proprio di conservare anche le immagini ricevute attraverso Snapchat. Il tutto all’insaputa del mittente.
Meditate gente, meditate!!

PAOLO PITACCO

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